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Facebook and the «Konditionenmissbrauch» Sins

Author

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  • Roberto Pardolesi
  • Roger van den Bergh
  • Franziska Weber

Abstract

Nel solco di quella che può essere definita una «saga teutonica», il Bundesgerichtshof (B gh ) ha deciso, in via cautelare, che il Bundeskartellamt (B k art a ) aveva il diritto di vietare, in violazione della legge tedesca sulla concorrenza, la prassi di Facebook di combinare i dati personali dei propri clienti con dati aggiuntivi raccolti offline senza il loro esplicito consenso. La sentenza smentisce in toto una precedente decisione dell’Oberlandesgericht Düsseldorf (O lg ), che aveva criticato e sospeso l’ingiunzione del B k art a . Il verdetto del B gh non chiude la vicenda, poiché l’O lg non ha ancora deciso nel merito del caso (e non è detto conformi la sua decisione ai molti obiter dicta di una pronuncia che si sarebbe dovuta pronunciare sulla sola sospensiva del provvedimento irrogato dal B k art a ). Né si può escludere, del resto, che l’O lg decida in merito al procedimento principale prim’ancora che Facebook abbia iniziato ad attuare pienamente il divieto di costruire super-profili di tutti i suoi utenti. Di là dall’esito finale della controversia, c’è da chiedersi se il divieto di abuso di posizione dominante nel diritto della concorrenza sia lo strumento giuridico più appropriato per garantirela liceità della raccolta e trasmissione di dati privati e per proteggere la privacy dei consumatori che utilizzano i social media. Anche là dove sia dato rilevare un reale potere di mercato, deve sussistere un nesso di causalità tra la posizione egemone e l’abuso contestato. E se la protezione della privacy viene a mancare anche nei mercati competitivi, il requisito del nesso di causalità appare di problematica soddisfazione. A meno di accettarne un indebolimento, con un gioco di prestigio che, però, innesca la legittima preoccupazione di un sovvertimento del diritto della concorrenza: una violazione del diritto alla privacy non dovrebbe essere mascherata sotto le mentite spoglie di un illecito anticompetitivo. Il problema principale delle decisioni sia del B k art a che del B gh è che nessuna delle due dimostra in modo convincente il pregiudizio allaconcorrenza causato dalla violazione dai termini contrattuali in materia di privacy. La vera causa del deterioramento della loro qualità non è la mancanza di concorrenza, ma l’asimmetria informativa che affligge gli utenti dei servizi digitali, ignari del valore delle informazioni che trasmettono per consentire la costruzione di superprofili. La regolamentazione diretta delle condizioni generali di contratto richiede valutazioni assai più semplici, in chiave di squilibrio di diritti e obblighi, vietando clausole irrazionali che un consumatore informato (quasi un’aporia, nella più parte dei casi) non avrebbe mai accettato. Il ricorso al diritto della concorrenza è un modo indiretto per sortire risultati di tal fatta. Se l’intervento correttivo dovesse davvero passare attraverso il ricorso al diritto della concorrenza, prenderebbe consistenza il rischio che l’autorità preposta al suo enforcement, piuttosto che reprimere un abuso di posizione dominante ad opera di un qualche gigante di Internet, abusi essa stessa del diritto antitrust.

Suggested Citation

  • Roberto Pardolesi & Roger van den Bergh & Franziska Weber, 2020. "Facebook and the «Konditionenmissbrauch» Sins," Mercato Concorrenza Regole, Società editrice il Mulino, issue 3, pages 507-537.
  • Handle: RePEc:mul:jhpfyn:doi:10.1434/100120:y:2020:i:3:p:507-537
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