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L’emergere dell’economia del settore nonprofit è certamente una delle realtà più interessanti nel recente panorama economico e sociale. Non solo il nonprofit sta raggiungendo anche in Italia dimensioni economiche (in termini di occupazione e produzione) rilevanti, ma esso sempre più si rivela una risorsa essenziale per il mercato e per la società, come recita il titolo del seminario di studi organizzato dal Dipartimento di Economia della Facoltà di economia dell’Università Bicocca, di cui questo quaderno raccoglie gli Atti. Il convegno ha avuto anche lo scopo di collocare il curriculum triennale sull’economia del nonprofit all’interno del nuovo Corso di laurea in “Discipline economiche e sociali” voluto dalla Facoltà di economia dell’Università di Milano-Bicocca, la cui natura e scopo è presentata dal saggio del coordinatore del Corso di laurea, Pierluigi Porta, che apre il Quaderno. I contributi che qui riportiamo cercano di argomentare perché il nonprofit sia una risorsa economica e sociale importante, e lo fanno da diverse prospettive: economica, sociale, storica e filosofica. L’approccio interdisciplinare è forse indispensabile per comprendere una realtà di frontiera com’è il nonprofit, nel quale la dimensione economica è indissolubilmente connessa alle dimensioni relazionale, motivazionale e spirituale. I saggi che qui presentiamo nascono quindi da un’esigenza di confronto e di comprensione di una realtà concreta, che ha caratteristiche molto particolari, che non può essere colta appieno se non attraverso un allargamento e una complicazione delle categorie della scienza economica, che debbono lasciarsi contaminare da altri saperi e prospettive, nelle quali le norme, i valori, la storia hanno più spazio. Per la scienza economica attuale, l’economia del nonprofit resta ancora tutto sommato una “anomalia”. L’economia, infatti, nella costruzione dei suoi modelli, vede gli agenti mossi dal desiderio di massimizzare obiettivi individuali. Il tipo di razionalità che adotta per spiegare i comportamenti economici è strumentale, nel senso che i comportamenti sono considerati razionali se adeguati al fine, rimandando l’analisi intrinseca dei comportamenti (come le motivazioni) ad altri ambiti disciplinari. Una tale scienza economica è molto utile e essenziale per descrivere e prevedere molti comportamenti economici; meno per addivenire ad una corretta comprensione delle dinamiche che danno vita alle organizzazioni a “movente ideale”, come sono molte, anche se non tutte, le realtà nonprofit. Alcuni dei saggi qui presentati – penso soprattutto a quello di Ugo Arrigo e a molte delle considerazioni di Salvatore Natoli – si muovono proprio nella direzione di una complicazione della prospettiva della scienza economica. I saggi di Stefano Cima, Pierpaolo Barbetta e Carlo Borzaga offrono dati e propongono originali interpretazioni della storia della realtà del nonprofit italiano, e per questo assumono una grande importanza nella logica di un corso che vuole restare un corso sul nonprofit dalla prospettiva della scienza economica, per quanto arricchita e complicata dal dialogo con e dall’apporto di altri punti di vista. In particolare è da sottolineare l’originalità e la rilevanza del contributo di Cima, che riporta i primi risultati del primo censimento delle Istituzioni private e delle imprese nonprofit in Italia. I contributi di Stefano Zamagni e Valerio Melandri, Luigino Bruni e Giorgio Vittadini pongono invece l’accento sulla specificità della tradizione italiana del nonprofit, che collocano all’interno dell’economia civile, come il napoletano Antonio Genovesi nel 1753 definiva l’economia, esprimendo così un’idea di attività economica finalizzata al miglioramento civile, all’incivilimento (come qualche anno preferiva dire il milanese Giandomenico Romagnosi). Nella tradizione italiana l’economia, nei suoi aspetti più teorici come in quelli applicati, ha sempre sentito proprio il compito di indagare e comprendere il mondo sociale per contribuire alla costruzione di una convivenza umana civile e civilizzante. In questa prospettiva va letto il contributo di Gianpietro Parolin, che pone l’accento sulla crescente attenzione che le aziende “profit” mostrano nei confronti dei valori e delle dinamiche del nonprofit, ad indicare che se vediamo l’economia come economia civile, la distinzione, a volte addirittura la dicotomia, tra profit e nonprofit si sfuma, quasi a scomparire. Infine Marco Aquini copre con il suo saggio una dimensione molto importante del mondo nonprofit, le Organizzazioni non governative allo sviluppo, mostrandone le grandi potenzialità e le sfide che stanno loro di fronte nei prossimi anni. La pubblicazione di questi Atti vuole quindi essere un punto di partenza, un segnale di una visione dell’economia, della società e della università: se a questo primo convegno e alle idee e studi in esso presentati faranno seguito altri convegni, studi e idee che continueranno il discorso iniziato, allora esso avrà assolto il suo scopo.
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